domenica 8 febbraio 2009

dolore

Odio questa persona per il torto che ho subito
(vedi Herling pag 15: si diventa diavolo per le torture subite….
mi accanisco contro qualcuno se ne ho paura, se credo che può farmi ancora del male,
Il perdono è quindi uno stato di consapevolezza della propria forza.
Martinetti su Schopenhauer :Nolontà non è assenza di volontà ma sua sublimazione o assorbimento nell’intelletto. Il Wille si obiettiva in IDEE di tipi eterni.
L’uomo perfettamente morale è l’uomo che sente in sé il dolore di tutti gli esseri
Schopenhauer. Scritti sulla religione
La malvagità umana deriva dalla volontà di vivere, esacerbata dalle sofferenze continue.

Ora accade che un dolore intollerabile permette all’uomo che lo prova di aprirsi verso una realtà psichica che gli fa superare il dolore attuale, l’uomo in questione si sente finalmente pacificato, prova un estasi che è conoscenza e non rapimento infantile come se ne trovano in tutti i libretti di devozione amorosa stucchevole, piena di dolci e pasticcini.
Renato Curcio cita A.Ludwig il quale ritiene che si possa entrare in trance per tentare di risolvere certi conflitti emozionali



“disagio è il sentimento che si prova in presenza di un’inibizione: e poiché la forza di un’attività non può diventare cosciente se non in presenza di inibizioni, il disagio è un ingrediente necessario di ogni attività - cosciente
(Nietzsche citato da Gauchet: L’inconscio cerebrale pag 187)


“ La lamentazione funeraria affronta l’ebetudine stuporosa e la sblocca, accoglie il planctus e lo sottopone alla regola do gesti ritmici tradizionalmente fissati, con l’esclusione o l’attenuazione simbolica di quei comportamenti che sono più rischiosi per l’integrità fisica della persona”

(da Morte e pianto rituale di F.Demartino pag.85)

si potrebbe pensare che i diversi casi di ‘omicidi in famiglia’ che si sono verificati di recente, ma direi anche

1) i vari casi di comportamenti rischiosi per l’integrità fisica della persona in lutto ma anche di altri che la circondano che possono essere oggetto del suo furore luttuoso. Da collegarsi alla ‘crisi della presenza’, uno stato della mente e del corpo, che a ciascuno di noi può capitare, diciamo che è sempre in corso di azione, tutte le volte che il nostro rapporto con il mondo comincia a scricchiolare per varie vicende che ci sono capitate. Dalla tristezza quotidiana o depressione all’ appannamento dell’interesse nei confronti del mondo, a un disaffezionarsi ad esso, diventiamo freddi nei confronti degli altri, chiusi nella tristezza, e nelle motivazioni che ci offriamo, quasi sempre giustificatrici, finiamo per dar colpa al mondo, ce la prendiamo con esso, il mondo poi sono gli altri raramente le cose, specialmente quando viviamo in un mondo che dà più importanza alle cose che agli altri.


Penso a come sia facile al tg4 uscire in prima notizia con gli scassinatori dell’ordine pubblico, i famelici noglobal che avranno rotto qualche vetrina o divelto qualche pompa di benzina.


Che poi altri individui, chiamati tifosi, abbiano rotto le ossa a qualche agente di polizia per il semplice motivo che si opponeva al loro violento gioco contro quelli della squadra avversaria, questo non sconvolge nessuno. Perchè il calcio è un gioco protetto, che serve a consentire agli individui di scaricare le loro ansie e le loro crisi della presenza nel più grande ideale campanilistico della propria squadra e città.

Dovrebbe essere centomila volte più consentito e giustificato che qualcuno si arrabbi per dei motivi legati diciamo alla più nobile dialettica democratica, per cui ciascuno deve fare valere le proprie ragioni, specialmente se queste sono condivisibili almeno per la ragionevole mente comune.

Che i nostri leader politici di sinistra non si siano resi conto di questa piccola differenza la dice lunga sulla loro capacità di incidere davvero nell’auspicabile evoluzione democratica del nostro paese di cui si riempiono la bocca tra poco anche i cani delle borgate vecchie di Palermo.

2) –non solo della persona che vive il cordoglio per la morte di un suo caro




Jedlosky e
Sparti pag 135 sulla perdita dell’atteggiamento verso l’altro come essere umano occorre analizzare due meccanismi cruciali: la produzione sociale della distanza e la disumanizzazione delle vittime.
1) Ricorso massivo all’azione mediata. La maggior parte dei nazisti non era a contatto diretto con le vittime.
Che la costruzione della distanza sociale sia cruciale lo rivelano gli esperimenti dello psicologo sociale Milgram (cfr Bauman 1992) Essi attestano che: dato un contesto nel quale gli ordini vengono emanati da un’autorità univoca e risoluta, vi è un rapporto inversamente proporzionale tra la disponibilità a esercitare atti crudeli e la prossimità delle vittime di tali atti. Mentre il contatto diretto obbliga chi infligge del male



Trascrivo un pezzo della introduzione di Blanchot al suo ‘I passi Falsi’. Che ho letto da poco:

‘perchè l’angoscia sarebbe contraria a manifestarsi? Essa è tanto il fuori quanto il dentro. L’uomo a cui si è rivelata (il che non vuol dire che gli ha mostrato il fondo della sua natura poichè non vi è fondo), l’uomo che ha afferrato in profondità si lascia vedere nelle diverse espressioni sotto cui essa l’attira; non si mostra con compiacimento e non si nasconde con scrupolo; non è geloso della sua intimità, non fugge nè ricerca ciò che la distrugge; alla sua solitudine e alla sua unione non può attribuire un’importanza definitiva, angosciato quando si rifiuta, più angosciato quando si concede, sente di essere legato ad un’esigenza che non può alterare il sì o il no della realtà.’ (pag19)

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