domenica 8 febbraio 2009

Nusbaumm

Nusbaumm a proposito dell’importanza della tragedia greca e di come Platone abbia cercato di mantenere l’integrità del racconto, del dialogo, sostituendo però a drammi umani che avevano nome cognome e storia, dei personaggi completamente irreali cioè cosmici, interloquendo con i quali i vari personaggi più reali, cioè i personaggi che discutono , da Socrate a Lisia eccetera.

Lì nelle tragedie personaggi eroi morti e sepolti, qui, persone che vivono il proprio quotidiano, anche se riprese in un quotidiano particolare, un altro livello di realtà, (direbbe Levi Strauss) nel quale si discute di questioni che vengono definite dal termine ‘filosofia’.

Questi personaggi dibattono di bene e male ma non c’è pathos, non si prova quello che accadrebbe se ad esempio una passione rappresentata nel mito della biga alata, dal cavallo nero, dovesse prendere il posto della ragione.

Nelle tragedie questo è possibile, noi tocchiamo con mano la disperazione, l’abominio di cui gli attori – eroi si macchiano. Sentiamo il loro dolore.

Nei dialoghi platonici non accade nulla di tutto questo.




iL distacco è necessario al ricordo, A riconoscere i nostri vissuti. può essere d’aiuto alla conoscenza di sè. Montaigne si riconosce vulnerabile, direbbe Nusbaumm. Seneca e Marco Aurelio sono convinti invece che l’uomo possa raggiungere un autocontrollo imperturbabile riducendo l’importanza delle emozioni nella vita.


in M.Aurelio o nel Seneca di Lucilio, si ha la sensazione che siano dissociati dalla realtà storica e che il logos invocato da entrambi come soluzione stia ancora troppo dalla parte della proiezione-reificazione di un desiderio di ordine e di autocontrollo.
Nusbaumm a proposito dell’importanza della tragedia greca e di come Platone abbia cercato di mantenere l’integrità del racconto, del dialogo, sostituendo però a drammi umani che avevano nome cognome e storia, dei personaggi completamente irreali cioè cosmici, interloquendo con i quali i vari personaggi più reali, cioè i personaggi che discutono , da Socrate a Lisia eccetera.

Lì nelle tragedie personaggi eroi morti e sepolti, qui, persone che vivono il proprio quotidiano, anche se riprese in un quotidiano particolare, un altro livello di realtà, (direbbe Levi Strauss) nel quale si discute di questioni che vengono definite dal termine ‘filosofia’.

Questi personaggi dibattono di bene e male ma non c’è pathos, non si prova quello che accadrebbe se ad esempio una passione rappresentata nel mito della biga alata, dal cavallo nero, dovesse prendere il posto della ragione.

Nelle tragedie questo è possibile, noi tocchiamo con mano la disperazione, l’abominio di cui gli attori – eroi si macchiano. Sentiamo il loro dolore.

Nei dialoghi platonici non accade nulla di tutto questo.




iL distacco è necessario al ricordo, A riconoscere i nostri vissuti. può essere d’aiuto alla conoscenza di sè. Montaigne si riconosce vulnerabile, direbbe Nusbaumm. Seneca e Marco Aurelio sono convinti invece che l’uomo possa raggiungere un autocontrollo imperturbabile riducendo l’importanza delle emozioni nella vita.


in M.Aurelio o nel Seneca di Lucilio, si ha la sensazione che siano dissociati dalla realtà storica e che il logos invocato da entrambi come soluzione stia ancora troppo dalla parte della proiezione-reificazione di un desiderio di ordine e di autocontrollo.

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