domenica 8 febbraio 2009

Kant

Martinetti : Kant pp 180 e ssg.
IL pietismo potè svolgere in lui l’innato misticismo morale, ma con le sue degenerazioni devote provocò una reazione che si manifesta nei suoi scritti per tutta la vita. E’ noto infatti che tenne un’attitudine sprezzante verso le varie forme di misticismo, non frequentò mai la chiesa nè mai apprezzò la preghiera.
I problemi metafisici sono connessi con quelli morali e religiosi, e una teoria che ne ne distrugge le fondamenta è alla lunga una corrosione per la vita morale
Le grandi religioni storiche si contraddicono e si perseguitano; il loro sussistere è dovuto a cause esteriori e sociali non alla solidità della loro dottrina che è sprezzata dagli spiriti chiaroveggenti che vi sostituiscono le filosofie e qui abbiamo una varietà anche maggiore.
184 L’uomo retto sa di non possedere la bontà assoluta di cui non può farsi un’idea; ma sa tuttavia stabilire la gradazione della vita morale e non crede per questo (come gli stoici) che fuori del saggio perfetto siamo tutti peccatori. Anzi, questa coscienza della relatività sua è il carattere e il valore della religiosità critica che la pone al di sopra di tutti i dogmatismi. Finchè l’uomo crede di essere in una verità assoluta, conoscibile e partecipabile, egli è ancora in seno alla superstizione; una religiosità critica e razionale inizia con la cosciena che le formule in cui essa racchiude la sua fede sono solo un tentativo umano, il più alto forse, ma sempre umano, di esprimere l’inesprimibile.
E’ contraddizione accusare di soggettivismo chi rinvia ogni uomo alla ragione, al lume divno che parla nella sua coscienza, perchè questo è uno (Uno) in tutti. Ciò che divide gli uomini sono le passioni, le ambizioni (vedi Schopenhauer, la compassione, i sufi, ciò che unisce) l’elemento terreno :(
Nella filosofia non è possibile svolgimento personale senza il possesso della tradizione
(vedi Carchia Anamnesi in IL mito in pittura e il tema gadameriano ripreso da McDowell in ‘La mente e il mondo’ pag 202: comprendere significa collocare ciò che è compreso in un orizzonte costituito dalla tradizione.)
p187: Kant sa che la veste che le religioni pratiche impongono ale verità religiose è una necessità relativa allo stato di minorità intellettuale in cui vivono quelli per cui esse sono fatte: per essi le verità devono essere travestite nella forma di rivelazione soprannaturale perchè le accettino. L’uomo comune rilutta specialmente nelle cose della religione, alla libertà e a dirigersi da sè col proprio intelletto; la pigrizia e la viltà trattengono i più da questo atto, essi amano stare sotto tutela. (v. Herzen in polemica con Marx e Fromm : Fuga dalla libertà)
I grandi rivolgimenti esteriori non sono che traduzioni simboliche dei soli avvenimenti importanti che sono i processi della vita interiore. I contemporanei di Cristo attendevano un rinnovamento radicale, apocalittico, e noi vediamo ora che questa loro immaginazione era la traduzione simbolica di un fatto morale, cioè dell’estrema corruzione del loro tempo e dell’esigenza di una grande trasformazione. Ma questa era tutta interiore, la fine del mondo non ha luogo per una catastrofe fisica ma per una palingenesi morale, quando il mondo cessa di esistere, di aver valore per noi, di essere il mondo del nostro io. Il progresso e i rivolgimenti esteriori non sono che mezzi per la nostra vita morale e religiosa.
188: il nostro fine non è convertire il mondo ma noi stessi

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